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Il tipico fiasco del Chianti

Di vetro, in genere trasparente o verde, il fiasco è rivestito di unerba palustre generalmente diffusa negli stagni dell'Arno e dell'Elsa. ieba. utilizzata fin dal Trecento, è botanicamente classificata col nome di typha latifolia, ma generalmente è chiamata sala, oppure stancia.

Nel 1388 si decretò, per motivi igienici, la proibizione di usare, nel contado fiorentino, recipienti in metallo stagnato. Cominciava così la fortuna e la secolare tradizione del fiasco impagliato, che seppe legare le proprie fortune a quelle del Chianti.

Il nome deriva dal gotico “flasko” e già alla metà del Quattrocento ne risulta attestata una cospicua produzione a Figline Valdarno, anche se come patria del vetro e delle vetrerie si era ormai già affermata da un paio di secoli la Vald’elsa. Noto anche con il nome di “toscanello” con una capienza in origine di litri 2,5 (per i fiaschi in uso a Firenze e nel suo contado, pur con la presenza da sempre attestata di fiaschetti da litri più piccolo e oggi codificata in 1,88 litri), il fiasco toscano conobbe in breve un travolgente successo, affermandosi come recipiente principe del mondo vinicolo, impiegato fin dal XVIII secolo per le spedizioni allestero, e in particolare in Inghilterra, del vino più pregiato.

Quanto ai fiascai, con questo termine si è a lungo inteso indicare sia i vetrai che fabbricavano i fiaschi, sia gli abili artigiani, soprattutto donne, che, lavorando in prevalenza a domicilio, armati di paglia, salicchio e stiancia, li rivestivano del loro inconfondibile abito.

 

 

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